La FED, per arginare un’inflazione salita ai massimi degli ultimi 40 anni, per la prima volta dal 2018, ha operato un rialzo dei tassi di interesse di 25 punti base, portandoli quindi da uno 0,25% allo 0,50%.
Cosa aspettarsi?
È stato inoltre anticipato che, a breve, saranno apportati ulteriori rialzi dei tassi. È altresì probabile che prossimamente, forse già in una riunione del 4 maggio prossimo, saranno decise anche delle riduzioni sui portafogli di titoli recentemente acquistati. La suddetta decisione di rialzo dei tassi, non è però stata presa all’unanimità: il presidente della FED di St. Louis, James Bullard, puntava ad un rialzo più corposo, nella misura di 50 punti base. Alla fine dell’anno scorso, erano stati preventivati per l’intero anno 2022, tre rialzi da 0,25 punti ciascuno; le attuali proiezioni invece, indicano una decisa accelerazione dei tassi, tanto che i governatori puntano ad altri sei rialzi da qui a dicembre, in pratica uno 0,25% in più in ogni riunione, in modo da portare il tasso mediano ad un range compreso tra l’1,75% ed il 2%.
Previsioni future
Gettando uno sguardo all’andamento previsto in un lasso di tempo un po’ più lungo, per quanto riguarda il 2023, si prevedono ulteriori 4 rialzi da 25 punti base ciascuno, in modo da portare il tasso medio tra il 2,75% ed il 3%, mentre nel corso del 2024 i FED funds potrebbero rimanere invariati. Il tasso di lungo periodo si abbassa solo marginalmente, restando sostanzialmente neutrale al 2,25 – 2,50%: l’inflazione è infatti considerata un fenomeno ciclico, non in grado di modificare strutturalmente l’economia americana. Il Presidente della FED, Jerome Powell, durante la conferenza stampa ha confermato come l’intenzione sia quella di passare, per più di un anno, in un territorio decisamente restrittivo.
La mossa della FED, è infatti sostenuta dalla previsione di un’economia ancora solida, con un’inflazione che, seppur con più tempo di quanto pronosticato in passato, è destinata a convergere verso l’obiettivo del 2%.
Proiezioni
La diagnosi complessiva, oltre ad un’inflazione elevata a causa, principalmente, del rincaro energetico, mostra infatti anche forti progressi nell’occupazione, con un mercato del lavoro che offre 1,7 posti vacanti per ogni disoccupato. Le proiezioni indicano poi, contrariamente alle recenti previsioni, un Pil in brusca frenata quest’anno (+ 2,8% rispetto al + 4% atteso), confermando invece le stime per il 2023 (+ 2,2%) e per il 2024 (+ 2%).
L’aumento dell’inflazione dipende dalla guerra in Ucraina?
Sulla decelerazione del 2022, incide ovviamente in maniera pesante la guerra in Ucraina. Il conflitto pesa certamente anche sull’inflazione, più alta di quella prevista a dicembre: quest’anno si attesterà sul 4,3% rispetto al 2,6% atteso, nel 2023 sarà del 2,7% anziché del 2,3%, ed infine nel 2024 registrerà un incremento del 2,3% invece del 2,1% stimato.
Prima dell’inaspettato scoppio delle ostilità, era lecito attendersi un picco dell’inflazione alla fine del primo trimestre di quest’anno, con una discesa nella seconda metà dell’anno, ora è invece più probabile assistere ad una reale riduzione della spinta inflattiva, solo a partire dall’inizio del 2023.
Quali saranno i prossimi interventi della FED?
I prossimi interventi che la FED metterà in campo, saranno tesi ad ancorare le aspettative di inflazione al 2%, e se si dovesse rendere necessario muoversi più velocemente, verrà fatto. Prevedere con precisione l’evolversi dell’economia in questo momento è assai arduo, perché molto incerti rimangono tanto gli effetti, quanto gli sviluppi della guerra. Powell ha sottolineato l’importanza, in un contesto generale così instabile, di operare scelte di politica monetaria appropriate: occorre rispondere in maniera pronta e tempestiva ai dati che arrivano ed alle evoluzioni delle prospettive, evitando di aggiungere incertezza in un momento che di per sé è già straordinariamenteincerto ed impegnativo.
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